Tutto cominciò con un albero. Uno solo. Un castagno vecchio, proprio quello in cima al sentiero dove Frida, ogni pomeriggio, sgrida tutti prima ancora che inizino a correre.
Quel giorno la Banda si riunì alle 14:32, con due minuti di ritardo perché Camilla aveva fatto tre fughe di riscaldamento. Quando arrivarono sotto il castagno, l’albero parlò. Non urlò, non tossì. Parlò. Con voce seria, lenta e profonda disse soltanto: «Uno alla volta.»
Frida si fermò di colpo. «Chi ha detto questo?»
«Io no,» rispose Marduk, «ma se volete vi bacio per sicurezza.»
Shiva alzò lo sguardo. «È stato l’albero.»
«Gli alberi parlano?» chiese Lina, già appollaiata su un ramo.
«Solo quando ne hanno davvero bisogno,» disse Sam, seduto sull’erba.
Skye, nel dubbio, si sistemò all’ombra e bevve un sorso dalla sua bibe.
L’albero ripeté: «Uno. Alla. Volta.»
«Forse è un indovinello,» disse Camilla, saltellando.
«Forse è una minaccia,» borbottò Frida.
«Forse ci sta insegnando a rallentare,» suggerì Shiva.
«O a essere più gentili,» aggiunse Sam.
«O a bagnarci tutti!» gridò Lina, che nel frattempo era finita in un ruscello.
Quel giorno ogni albero del sentiero cominciò a parlare. Uno raccontava barzellette sulle ghiande, uno sussurrava storie d’inverno anche se era estate, uno recitava poesie storte ma dolcissime.
La Banda si sedette ad ascoltare. Nessuno corse, nessuno abbaiò, nessuno sgridò (quasi). Rimasero lì, in cerchio, come bambini in una fiaba.
E capirono una cosa. Gli alberi non parlano per caso. Parlano solo quando qualcuno li ascolta davvero. E quel giorno, la Banda della Valbasca aveva le orecchie ben aperte.
Quando il sole cominciò a scomparire tra le foglie, il castagno disse soltanto: «Grazie.»
Frida fece un cenno con la testa, come se l’avesse saputo da sempre. Camilla fece una corsetta in cerchio per festeggiare. Shiva contò: erano tutti. Marduk baciò una radice. Lina si scrollò l’acqua di dosso. Sam chiuse gli occhi. E Skye, prima di andare, si voltò verso l’albero e sussurrò: «A domani.»