Io mi chiamo Milo, e quel giorno avevo capito subito che il mio umano aveva in mente qualcosa di diverso dal solito giro dietro casa.
L’ho capito dal bagagliaio: zaino grande, borraccia, macchina fotografica. Quando tira fuori tutto quell’armamentario, vuol dire che andiamo in “avventura”.
Siamo arrivati in un posto che si chiama Oasi di Vendicari.
“Un’oasi”, ha detto lui, come se fosse un miraggio.
Io ho pensato: finalmente un posto dove si può annusare in pace senza sentire clacson o marmitte scoppiettanti.
Appena scesi, mi è entrato nel naso un profumo incredibile: mare, sale, terra calda e qualcosa di dolce… tipo fichi secchi dimenticati al sole.
Ho provato a capire da dove veniva, ma ogni volta che pensavo di aver trovato la pista, arrivava un altro odore e mi distraeva.
Poi, mentre il mio umano faceva foto a una lucertola (non chiedetemi perché), ho sentito qualcosa di nuovo: un odore elegante.
Sì, elegante, come quei profumi che ti restano nel naso e ti fanno venire voglia di metterti diritto con la coda alta.
Ho alzato il muso e li ho visti: fenicotteri.
Un gruppo intero, tutti rosa e concentrati a stare su una zampa sola.
Io, se provo a stare su tre, già traballo.
Mi sono avvicinato piano.
L’acqua puzzava un po’ di alghe, ma anche di cielo, se mi capite.
Uno dei fenicotteri mi ha guardato, poi ha girato la testa dall’altra parte, come per dire “non disturbare, peloso di terra”.
Che modi.
Il mio umano invece era emozionato.
Scattava foto come se stesse vedendo i Beatles in concerto.
Io, nel dubbio, mi sono messo seduto e ho osservato.
Ogni tanto uno batteva le ali, e l’aria diventava un po’ rosa.
Non scherzo, l’ho vista cambiare colore.
Poi, all’improvviso, tutti insieme si sono sollevati.
Un fruscio, uno spostamento d’aria e via, sopra le nostre teste.
Io sono rimasto fermo, con la bocca aperta.
Sembravano nuvole con le gambe.
Mi è venuto quasi da ululare, ma non l’ho fatto: certe cose è meglio tenerle nel cuore.
Quando si sono allontanati, il mio umano mi ha dato una carezza.
“Li hai visti, Milo?” ha sussurrato.
E io ho pensato: sì, e tu li hai sentiti?
Perché sotto le ali dei fenicotteri, per un momento, tutto profumava di silenzio.
E quello, fidatevi, è l’odore più raro che esista.
