(Un racconto della Banda della Valbasca)
Marduk non faceva mai rumore.
Appariva.
In cima a una scala, su un sasso, in mezzo alla luce del mattino. Sempre con quell’aria da statua egizia venuta in villeggiatura.
Era bello. Ma bello di quel bello che ti fa passare la voglia di lamentarti del lunedì.
E lo sapeva.
Ma non se ne vantava: al massimo lo usava per ottenere una carezza in più o un posto comodo sul divano.
Gli occhi lucidi, il profilo regale, la zampa delicata quando ti poggiava addosso il cuore.
Era un playboy, sì.
Uno di quelli che ti fanno gli occhi dolci e poi ti rubano la cuccia.
Ma mai per cattiveria.
Lui amava con eleganza.
E quando se ne andava, lasciava dietro di sé una scia di sospiri felici e qualche biscotto mancante.
Quel giorno si svegliò con un’idea.
Voleva fare un regalo.
A chi? Non lo sapeva ancora. Ma gli sembrava il giorno giusto per spargere un po’ di romanticismo.
Scese al prato con passo lento, come se camminasse dentro una canzone.
Trovò tre roselline selvatiche, le più piccole e profumate. Le prese con cura, una alla volta.
La prima la lasciò davanti alla cuccia di Camilla, che dormiva con un orecchio per aria.
La seconda finì vicino alla ciotola di Frida, che se ne accorse solo dopo il pranzo (e cercò di mangiarla).
La terza la posò sulla copertina di Skye, con uno sguardo da film romantico e uno sbuffo d’aria da gentleman.
Poi tornò al suo posto, si accovacciò con eleganza e si addormentò con una zampa piegata sotto il mento.
Nessuno disse nulla.
Ma da quel giorno, ogni volta che Marduk passa…
qualcuno si sistema il pelo.