Frida si svegliò che aveva già da dire. Non era ancora uscita dalla cuccia, che aveva già pensato almeno tre cose che non andavano: una foglia secca in mezzo al tappeto, la ciotola dell’acqua troppo piena, un piccione sul ramo basso del pino — proprio quello che lei aveva segnalato ieri con grande impegno.
Ma quel giorno qualcosa non tornava.
Camilla, che di solito correva avanti e indietro come un pendolo con le pile nuove, se ne stava ferma. A fissare una lumaca. Sam, che non aveva mai alzato la voce neanche per sbaglio, abbaiò. Due volte. Lina, la freccia nera del gruppo, inciampò su una radice. Marduk si arrampicò su una roccia. Una roccia vera, non un sasso. Rimase lì, immobile, con l’aria di chi sta cercando il punto più alto dei pensieri. Shiva sbagliò il conto. Si voltò indietro per controllare se c’erano tutti, e contò sei. Poi ricontò, e si confuse. E Skye — la grande, la fiera, quella che non si scompone mai — vide una farfalla e… indietreggiò.
Frida no. Lei era sempre Frida. Una barboncina marrone, piena di regole e di avvisi da dare. Sgridò Camilla per l’immobilità sospetta, Sam per l’abbaio imprevisto, Lina per la caduta, Marduk per l’altezza inutile, Shiva per l’aritmetica incerta, e Skye… be’, per la farfalla.
Poi si fermò. Li guardò bene. Tutti.
Nessuno sembrava turbato. Anzi, parevano… felici. Camilla seguiva la lumaca come se fosse un treno lento ma interessante. Sam aveva smesso di abbaiare e stava respirando a pieni polmoni. Lina rideva da sola. Marduk, dall’alto della roccia, osservava il bosco con occhi larghi. Shiva contava per il piacere di contare. E Skye aveva seguito la farfalla. Piano. Senza volerla prendere. Solo per vederla danzare un po’.
Frida si accorse di non sapere cosa dire. E questa sì, era una novità.
Si sedette. Non in disparte. Non al centro. Solo… lì.
Poi successe qualcosa che nessuno notò: una fogliolina, stanca del ramo, le si posò sul naso.
Frida non starnutì.
Chiuse gli occhi.
E pensò che forse, ogni tanto, anche i giorni storti sanno tenere in equilibrio le cose.
