Maya era una cagnolina dal passo leggero e dagli occhi attenti, sempre pronta a scoprire qualcosa di nuovo. In casa c’era un posto che la incuriosiva più di tutti: la soffitta. Un luogo pieno di silenzi, scatole misteriose e oggetti che sembravano addormentati da tanto, tantissimo tempo. Ogni tanto ci saliva con il suo umano, tra vecchie fotografie, coperte profumate di passato e ricordi che facevano scricchiolare il pavimento.
Un pomeriggio d’autunno, mentre il vento faceva ballare i rami contro i vetri, Maya notò qualcosa che non aveva mai visto prima: una piccola lanterna di metallo appoggiata su uno scaffale, coperta di polvere sottile come farina. Non brillava, non tintinnava, non faceva nulla di speciale. Eppure, lei sentì una specie di richiamo, come un “pssst” appena sussurrato. Si avvicinò, appoggiò il naso contro il vetro… e clic. Una lucina minuscola si accese all’interno, calda come un abbraccio.
Quella notte, la lanterna volle restare con lei. Il suo umano la mise accanto alla cuccia, pensando fosse solo un oggetto trovato per caso. Ma appena la stanza si fece buia, la lanterna cominciò a brillare più forte, e dal suo cuore di luce uscì una piccola scia dorata. Maya chiuse gli occhi e si ritrovò in un prato fatto di morbidezza, dove ogni filo d’erba suonava come una nota musicale. Poi in un bosco di foglie giganti che facevano ombra al cielo. Poi in una città di nuvole, dove i sogni camminavano piano per non svegliarsi tra loro.
La lanterna non parlava, ma sembrava sapere esattamente quali sogni accendere. Le regalava avventure quando Maya aveva bisogno di coraggio, silenzi quando aveva bisogno di pace, e risate quando il cuore era un po’ pesante. Ogni notte una luce diversa, ogni notte un mondo nuovo.
E così Maya capì una cosa semplice e bellissima: alcune luci non servono per illuminare una stanza, ma per illuminare quello che abbiamo dentro.