(Un racconto della Banda della Valbasca)
Lina non corre.
Lina vola.
E quando atterra, di solito c’è un cerbiatto che sbianca o uno scoiattolo che sviene.
Ha il GPS al collo perché la sua famiglia, dopo la terza volta che ha fatto jogging con un cinghiale, ha pensato fosse meglio sapere dove finisce la giornata.
Quel giorno però era successo qualcosa di strano.
Nessuna impronta.
Sulla solita mulattiera, niente: né zampette né zoccoli né codine svolazzanti.
Un silenzio sospetto, come quando Frida si chiude in bagno col pacchetto dei biscotti.
Lina fiutava, osservava, scrutava.
Era partita alle sette e alle nove e cinque già si era tuffata in due fontane, un abbeveratoio e una pozzanghera.
Poi aveva fatto un incontro.
Era lì, in fondo al sentiero: una lepre, grossa come un monopattino.
“E tu chi sei?”, pensò Lina, abbassandosi come una freccia.
La lepre però non scappò.
Anzi, la guardò dritta e disse:
“Stamattina tutti si nascondono. C’è stato un rumore. Un bip forte, come un allarme.”
Lina alzò le orecchie.
Il bip…
Ma certo! Era il suo GPS.
Aveva accidentalmente attivato la funzione “ritorno automatico”.
Ogni 30 secondi emetteva un suono spaziale che faceva fuggire anche i sassi.
Fece un mezzo sorriso (quello che le viene quando ha capito tutto), si girò e premette con il muso il tastino arancione.
Il bip cessò.
Nel giro di dieci minuti, una processione di animali riapparve nel bosco come alla fine di un temporale:
due caprioli, tre scoiattoli, un tasso e un cinghiale con gli occhiali da sole.
Lina li salutò, uno per uno.
Poi fece ancora un tuffo nella fontana grande e tornò a casa, zuppa ma fiera.
La Banda della Valbasca l’accolse con le solite feste.
Skye sbuffò, Frida la sgridò (“Sembri un’insalata!”), e Marduk la rincorse con una piuma trovata chissà dove.
Lina si sdraiò all’ombra e pensò che anche nel bosco, a volte, basta spegnere un bip per rimettere in moto il mondo.