La carica dei 4000 (anni): i cani dell’antico Egitto

Tra mummie, geroglifici e nomi che ancora oggi ci fanno scodinzolare.

Non serve scomodare Indiana Jones per scoprire che, tra le sabbie del deserto e le ombre dei templi, gli antichi Egizi avevano già capito tutto: il cane non era solo un animale, ma un compagno, un simbolo, perfino un essere sacro.

In quelle terre attraversate dal Nilo, dove il sole si alzava con puntualità divina e le piramidi sfidavano l’eternità, il cane camminava accanto all’uomo… da almeno quattromila anni.

Cani nei geroglifici (e non solo)
I cani appaiono raffigurati già nelle pitture tombali delle prime dinastie. Li vediamo accanto ai cacciatori, mentre inseguono gazzelle, oppure distesi accanto ai padroni, a volte perfino davanti al trono. Ma non erano solo servitori fedeli: per alcuni, erano parte della famiglia.

I nomi scolpiti sulle lapidi lo dimostrano: Abuwtiyuw è forse il cane più antico di cui si conosca il nome. La sua stele funeraria, ritrovata e conservata al Museo del Cairo, riporta un trattamento degno di un cortigiano. Pare che fosse un cane reale, così amato da meritare una sepoltura speciale offerta direttamente dal faraone.

I levrieri egizi (e i loro cugini moderni)
Molti dei cani raffigurati hanno il muso lungo e le orecchie dritte, simili ai Tesem, antichi levrieri egizi che ricordano le razze odierne come il Pharaoh Hound o il Saluki. Eleganti, snelli, velocissimi: venivano usati soprattutto per la caccia, ma anche come status symbol.

In certe rappresentazioni sembrano quasi disegnati con affetto, con collari decorati e posture che parlano di rispetto. Non erano semplici animali da lavoro: erano creature con un ruolo, un’identità, persino una personalità.

Quando il cane diventa divino
Ma l’Egitto non sarebbe l’Egitto senza un pizzico di mistero. Qui il cane varca i confini del quotidiano e tocca il divino. Anubi, dio della mummificazione e dei morti, è forse la divinità canina più famosa: corpo umano, testa da sciacallo (o da cane), vegliava sulle anime in viaggio verso l’aldilà.

E non era l’unico. Alcuni studiosi sostengono che anche Wepwawet, un’altra divinità con sembianze canine, rappresentasse la guida spirituale nelle terre dell’ignoto. I cani, insomma, avevano un piede (anzi, una zampa) in entrambi i mondi: quello dei vivi e quello dei morti.

Mummie con la coda
Incredibile ma vero: anche i cani venivano mummificati. In alcuni casi per accompagnare il padrone nell’aldilà, in altri per scopi votivi. Nella necropoli di Saqqara sono state trovate intere catacombe dedicate ai cani, con migliaia di esemplari mummificati. Alcuni con corredi funebri, amuleti e persino incisioni che raccontano storie di affetto.

Questo legame così profondo tra uomo e cane non era comune in tutte le culture dell’epoca. Mentre in altri luoghi gli animali erano sacrificati o tenuti a distanza, in Egitto si percepiva un rispetto che oggi potremmo definire quasi moderno.

Quello sguardo che attraversa i secoli
Cosa ci rimane oggi di tutto questo? Sicuramente, una testimonianza di quanto il legame tra cane e umano sia antico e universale. Le stele, le statue, le tombe parlano tutte la stessa lingua: quella della fiducia, dell’affetto e della compagnia.

Immaginare un nobile egizio che si sdraia accanto al suo levriero, mentre il sole cala dietro le palme del Nilo, è un’immagine che – a ben vedere – non è poi così lontana da noi. Cambiano i secoli, cambiano i collari, ma quel modo di guardarsi, tra umano e cane, resta lo stesso.

 

 

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