Astro e il Bosco che Brilla

Astro era un cucciolo curioso, con il mantello scuro e una macchiolina chiara proprio sulla fronte, tonda e luminosa come un pianeta in miniatura. I suoi umani dicevano che sembrava nato per guardare le stelle: bastava che si accendesse la TV e iniziasse una serie d’avventura perché lui si sedesse diritto, orecchie alte, come un cane esperto in galassie e colpi di scena.

Eppure, quando si trattava di uscire nel bosco vero — quello dietro casa, non quello sullo schermo — Astro si sentiva minuscolo.

“Un giorno entrerò da solo,” pensava. “Quando sarò un po’ meno… io.”

Una mattina, mentre tutto profumava di terra bagnata, qualcosa cambiò.

Un fruscio lieve, poi un muso bianco spuntò tra i cespugli.

Una volpe bianca.

Da sola.

Elegante come un personaggio entrato sul set un minuto prima dello sparo del ciak.

Astro rimase fermo con una zampa sollevata, sorpreso: la volpe lo guardava come se sapesse qualcosa su di lui che lui ancora non sapeva.

Poi fece una cosa che cambiò tutto: gli annuì.

Un annuìto silenzioso, da vera professionista.

Astro deglutì.

“Ecco,” pensò. “La scena che non mi aspettavo.”

Seguì la volpe nel bosco.

Non con coraggio — con una curiosità più forte della paura, che poi è spesso il primo passo del coraggio senza che ce ne accorgiamo.

La luce filtrava tra i rami e cadeva proprio sulla sua macchiolina chiara, facendola brillare come un faro portatile. Astro sbatteva gli occhi: sembrava che la sua fronte avesse deciso di fare luce da sola, come nei momenti importanti delle sue serie preferite.

La volpe lo condusse in una radura tonda tonda, perfetta, come disegnata.

Al centro c’era un masso coperto di licheni chiari. La volpe vi poggiò la zampa e un bagliore lieve lo attraversò.

Astro sentì il cuore arrampicarsi su per il torace.

“È qui che diventano tutti i protagonisti,” si disse. “Quelli veri.”

Avanzò.

La sua zampa tremava — ma tremava anche quando aspettava un biscotto, quindi non era un buon motivo per fermarsi.

Appoggiò la zampa accanto a quella invisibile lasciata dalla volpe.

E successe qualcosa di semplice e immenso: il masso si scaldò.

Non bruciava.

Scaldava, come la pancia del suo umano quando gli dormiva sopra.

Una sensazione lo attraversò lentamente, come una carezza che arriva fin dove non pensavi che qualcuno potesse raggiungerti.

E allora Astro capì:

il coraggio non è un salto.

È un centimetro.

È una zampa tremante che però scende lo stesso.

Quando riaprì gli occhi, la volpe era sparita.

Sul masso brillava una piccola impronta dorata, proprio della sua grandezza.

Astro la leccò piano, come si fa con le cose preziose, e sorrise dentro di sé.

Sulla via di casa camminava un po’ diverso.

Non più fiero: quello lo lasciava ai protagonisti delle serie.

Camminava… leggero, come se ogni passo raccontasse una storia che nessuno aveva ancora sentito.

E mentre rientrava dal cancello, pensò:

“Forse il coraggio non è quello che hanno gli eroi.

Forse è quello che si costruisce quando nessuno guarda.”

E sorrise.

Perché quella sì, sembrava proprio una scena da finale di stagione.

 

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