Thor e il Bosco che sa tutto

Nel bosco dietro casa, quella mattina, la neve brillava come zucchero sulla torta. Thor ci affondava le zampe con un tonfo morbido, e ogni volta pensava la stessa cosa: ah, che bello iniziare così la giornata.

Non era una frase detta ad alta voce, perché i cani non parlano davvero. Ma chi lo conosceva bene giurava che, quando Thor era felice, il bosco lo capiva.

Thor era grande, imponente, un cane Corso con l’aria da guardiano antico… anche se il nonno lo prendeva in giro chiamandolo “Mick Jagger”, per quel suo modo di ancheggiare come una rock star che entra sul palco. Thor faceva finta di non sentire, ma dentro pensava: non è colpa mia se cammino con stile.

A vederlo correre tra gli abeti, qualcuno avrebbe potuto pensare: “Attenti, arriva il mastino feroce!”.

Lui però, dentro, si limitava a sospirare: se sapessero che mi commuovo per un biscotto…

La sua mattina iniziava sempre allo stesso modo, più precisa di un cucù di montagna. Dopo aver salutato la neve, Thor si scrollava tutto—fiocchi, sonno e pensieri—e iniziava il suo giro di controllo.

Il primo era sempre il nonno. Thor arrivava alla porta con passo deciso e, se il nonno tardava anche solo di un minuto, ecco che partiva il suo richiamo preferito: una slinguata lunga e affettuosa. Il nonno deve svegliarsi per primo, altrimenti la giornata parte storta.

Poi Thor saliva al piano di sopra, dove l’odore di colazione diventava una promessa. Il papà fingeva ogni giorno di sorprenderlo:

“Ma guarda chi c’è!”

Thor, serio e composto, pensava: Papà, ci vengo tutte le mattine… però grazie.

La terza tappa era la mamma. Lei aveva quel sorriso caldo che sembrava sciogliere persino la neve. Appena lo vedeva spuntare, gli diceva sempre:

“Buongiorno, cavaliere.”

E Thor, gonfio d’orgoglio, avanzava come se avesse davvero una mantellina da eroe sulle spalle. La mamma ha questo effetto: mi fa sentire importante.

Solo quando tutti erano svegli, salutati e al loro posto, Thor si concedeva la colazione. Era un momento semplice, ma per lui era come tornare al centro del mondo: la ciotola, gli umani, la casa, il bosco che attendeva fuori.

E infatti, appena finito, tornava a correre nella neve. Le sue orme—grandi, buffe, inconfondibili—restavano sul sentiero come piccoli timbri di felicità.

Il bosco, che conosceva bene i segreti degli animali, sembrava mormorare fra i rami:

“È Thor. Lui non sveglia solo la casa. Sveglia il giorno.”

E forse era davvero così. Perché alcuni cani non vivono semplicemente accanto a noi.

Ci ricordano ogni mattina che il mondo è più bello quando qualcuno ti viene a cercare.



 

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