Milo e La Cuccia delle Fiabe, il cucciolo che sapeva ascoltare

Quando la sera scendeva piano e la casa imparava a parlare più piano, Milo lo capiva subito. Era il momento in cui anche i rumori stanchi decidevano di andare a dormire.

Milo era un cucciolo curioso, di quelli che scoprono il mondo un odore alla volta e fanno domande con lo sguardo. Prima di chiudere gli occhi, però, tornava sempre nello stesso posto. Nella sua cuccia.

Non era una cuccia qualunque.

Era la Cuccia delle Fiabe.

Non raccontava storie a voce alta. Le sussurrava. Aspettava che tutto fosse pronto: le luci basse, l’aria calma, il cuore un po’ più leggero. Solo allora iniziava.

Quella sera Milo si sistemò meglio, fece due giri su se stesso e appoggiò il muso sulle zampe. La cuccia scricchiolò piano, come se stesse prendendo fiato, e la fiaba cominciò.

Raccontava di prati larghi attraversati senza fretta, di sentieri seguiti più con il naso che con le zampe, di umani che imparano a rallentare per tenere il passo di un cucciolo. Raccontava di attese davanti alla porta, di mani che sanno rassicurare, di notti in cui sentirsi al sicuro è la più grande delle avventure.

Milo non dormiva ancora. Ascoltava.

Perché i cuccioli lo sanno: certe storie non servono solo per addormentarsi, ma per crescere piano.

Quando la cuccia tacque, tutto era al posto giusto.

La notte poteva continuare il suo lavoro e Milo si lasciò andare al sonno, con quel sorriso piccolo che viene solo quando una fiaba ti ha trovato.

E la Cuccia delle Fiabe rimase lì.

In silenzio. Pronta.

Per la prossima sera.

 

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