Sentiero del Viandante, Lago di Como
Il Sentiero del Viandante ha un nome importante, da leggenda. Ma oggi, mentre lui si allacciava le scarpe con aria convinta e io cercavo di capire quanto sarebbe durato il tragitto, mi è sembrato più che altro un modo gentile per dire: “Si sale. E non si scherza”.
Siamo partiti da Bellano, proprio lì vicino all’Orrido. Lui me l’ha indicato con entusiasmo: “Guarda che meraviglia naturale!”. Io mi sono affacciato, ho dato una rapida sniffata all’aria umida e ho pensato: ma che cos’è, l’anteprima di Halloween? Grotte scure, acqua che scende a valanga, rocce scivolose… Mancava solo un gufo e potevamo girare un film. Però sì, affascinante. Se non hai l’olfatto sviluppato come il mio.
Lasciata alle spalle l’atmosfera da brivido, siamo entrati nel bosco. Foglie bagnate, muschio, e quell’odore chiaro di animali passati da poco. Io l’ho notato subito. Il mio compagno bipede invece era impegnato a controllare l’app che gli calcolava i battiti cardiaci. Io i battiti li sento direttamente sotto le zampe.
Dopo pochi minuti, il picchio.
Toc toc toc. Sempre uguale, sempre lì. Lui ha detto: “che suono rilassante!” e io ho pensato: rilassante per chi? sembra uno che bussa da mezz’ora e nessuno gli apre.
Più in alto, ci siamo fermati su un tornante pieno di sole. Io avevo fiutato tracce freschissime. Cerbiatti. Due, forse tre. Sicuro sono scesi all’alba a bere vicino al sentiero. Lui era troppo impegnato a fotografare il lago che sbucava tra i rami. “Guarda che vista!”. Eh sì. Ma vuoi mettere l’odore?
E poi, eccolo: il mulino romano nel nulla. In mezzo al bosco, in alto, lontano da tutto. Lui si è fermato davanti, ha mormorato: “ma perché proprio qui?” Io non ho risposto. Ma dentro di me ho pensato: forse anche i romani seguivano il naso, mica Google Maps.
Poco dopo abbiamo trovato una pietra piatta che per lui era “la panchina perfetta”. Ha tirato fuori il panino, io ho trovato una fontana. Poi, come in un sogno, è arrivata una signora con un bastoncino da trekking e un pezzo di focaccia visibilmente in pericolo. Mi ha guardato, ha sorriso, e me ne ha regalato un pezzetto. Il mio umano ha commentato: “ormai sei più popolare di me”.
Ma dai. La focaccia fa miracoli.
Nel pomeriggio l’aria era cambiata. Più leggera, più blu. Ci siamo fermati su un tratto aperto, con vista lago da cartolina e silenzio vero, quello che sa di vento e di cose giuste. Lui si è tolto lo zaino, si è seduto in silenzio. Io mi sono sdraiato accanto, la coda rilassata, le orecchie basse. Quella posizione che dice: sto bene. E sì, sto anche pensando.
C’era il lago sotto, immobile e brillante, come se non si fosse accorto di nulla. E noi lì sopra, a guardarlo senza dire niente. Lui ha mangiato una mela. Io ho chiuso gli occhi.
Poi si è alzato, ha detto: “dai, manca poco”.
E io ho pensato: sì, manca poco all’arrivo… ma questa parte qui, tra il panino e il mulino, tra il picchio e la focaccia, me la ricorderò a lungo.