Il cane che salvò Napoleone (e forse anche un po’ la storia)

Si racconta che durante la disastrosa ritirata da Mosca, nell’inverno del 1812, Napoleone Bonaparte si smarrì in mezzo alla neve. Era uno degli inverni più rigidi mai registrati, il vento gelava le ossa, i cavalli cadevano stecchiti uno dopo l’altro, e l’esercito francese si stava sgretolando lungo il cammino verso casa.

Napoleone viaggiava separato dal grosso delle truppe, coperto da un mantello troppo leggero, con i baffi incrostati di ghiaccio e il respiro che si spegneva nella nebbia. Secondo alcune fonti, a un certo punto, stremato, si sarebbe fermato. Forse si accasciò. Forse svenne. Nessuno lo sa con certezza. Ma quel che accadde dopo è passato alla leggenda.

Un cane.

Un cane gigantesco, dal pelo spesso, il muso buono e la determinazione di chi non ha paura del gelo. Un San Bernardo, come quelli allevati dai monaci dell’Ospizio sul Gran San Bernardo, addestrati da secoli a cercare viaggiatori dispersi tra le nevi alpine.

Quel cane trovò Napoleone.

Alcuni racconti narrano che lo scaldò col proprio corpo, che leccò il viso dell’imperatore fino a farlo riprendere, che abbaiò con forza per richiamare l’attenzione delle guardie.

Altri – più epici – dicono che lo trascinò per diversi metri fino a un rifugio, salvandolo da morte certa.

Il cane, dicono, si chiamava Barry.

Forse è vero.

Forse è solo il nome diventato simbolo di tutti i cani soccorritori di quel periodo.

La verità storica si è persa tra le cronache e i racconti tramandati a voce, ma una cosa è certa: Napoleone tornò a Parigi. E quel cane, se davvero esistette, cambiò la storia senza sapere neppure di averla sfiorata.

Alcuni storici ricordano che Napoleone viaggiava spesso con due cani Corso al suo fianco, fieri e leali come sentinelle. Ma in questa storia – forse leggenda, forse no – l’eroe è un altro: un cane che veniva dalla montagna, e non aveva bisogno di medaglie.

Nessuna statua.

Nessun ritratto.

Solo un battito di coda nel silenzio della neve.
E se fosse tutto inventato?

Va bene lo stesso. Perché ci ricorda una verità che non ha bisogno di prove:

a volte, un cane può essere l’unico calore rimasto nel mondo.



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